L'alpino ucciso al rientro dalla missione Stampa

Una mina ha fatto saltare il blindato su cui viaggiava. Vittima un tenente di 37 anni. Altri quattro feriti Portavano medicinali nei villaggi. La firma dei talebani.


Adraskan (Afghanistan)
Un altro militare italiano ucciso in Afghanistan. È il secondo dall'inizio dell'anno, la 37ª vittima dal 2004, quando è cominciata la missione italiana. Il tenente Massimo Ranzani stava tornando da una missione umanitaria. Il «Lince» su cui viaggiava è saltato su un ordigno: quattro i feriti, tutti gravi, ma nessuno in pericolo di vita.
Erano le 12,45 locali, nell'Ovest dell'Afghanistan. Una pattuglia italiana stava tornando da un'operazione di assistenza medica quando ad Adraskan, 25 chilometri a nord di Shindand, l'esplosione di un Ied – un ordigno rudimentale ma potentissimo – ha dilaniato un blindato «Lince» del quinto reggimento alpini di Vipiteno, la Task force centre. Era il terzo mezzo della colonna.

 

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Domani il rimpatrio
Il tenente Massimo Ranzani, 37 anni, celibe, originario di Ferrara, era lì dal 12 ottobre scorso, la sua seconda missione in Afghanistan. Chi è andato a trovare i genitori a Occhiobello (Rovigo) è rimasto colpito per la forza con cui hanno reagito: «Sono orgogliosi del loro figlio». Una persona «buona, altruista». Un altro «caduto per la pace», ha detto l'ordinario militare, monsignor Vincenzo Pelvi. Toccherà a lui, per l'ennesima volta, celebrare i funerali solenni: una «via crucis», ha detto, di morti in missione. L'Esercito ha promosso il caduto al grado di capitano. La salma sarà rimpatriata domani. Anche gli altri quattro occupanti del «Lince», tutti alpini del quinto reggimento, sono rimasti seriamente feriti.

 

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«Non sono in pericolo di vita»
Subito soccorsi, sono stati trasportati all'ospedale militare da campo di Shindand. Hanno riportato traumi e fratture di vario genere, in particolare alle gambe: due di loro, con fratture a una gamba e a una caviglia, sono stati operati. Un altro sarà sottoposto a un intervento agli occhi nell'ospedale di Kandahar. Soprattutto le lesioni di uno dei quattro preoccupano, ma «nessuno – assicura il ministro della Difesa Ignazio La Russa – è in pericolo di vita». «Le loro condizioni attualmente non preoccupano», confermano da Herat, quartier generale italiano.
I militari italiani erano impegnati in quella che in gergo viene definita «Medcap», una missione di assistenza sanitaria rivolta alle popolazioni dei villaggi remoti, dove non ci sono né ambulatori, né medici. Un tipo di intervento frequente, finalizzato anche ad acquisire consenso e che viene osteggiato in tutti i modi dai talebani, che non hanno esitato a colpire la colonna di mezzi, nonostante ci fosse anche un'ambulanza. Immediata è arrivata la loro rivendicazione. In un comunicato di due righe pubblicato sulla loro pagina web gli insorti hanno reso noto che «una mina terrestre collocata da un mujaheddin nell'area di Company del distretto di Adar Sang ha sventrato un automezzo in pattugliamento dell'Isaf», la Forza internazionale di assistenza alla sicurezza sotto comando Nato.
L'esplosione «ha ucciso o ferito tutti gli invasori che si trovavano al suo interno».
 

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Flop dei dissuasori
I «jammer», i dissuasori elettronici di cui i «Lince» sono dotati, non sono serviti a impedire l'esplosione e questo fa ritenere probabile che l'ordigno sia stato azionato manualmente o dalla pressione del mezzo. La Procura di Roma ha aperto un'inchiesta.
Al comando del contingente italiano sottolineano che «l'utilizzo di Ied, nonostante gli importanti progressi compiuti da Isaf per contrastare questo tipo di minaccia, rappresenta una delle principali modalità d'azione degli insorti. Nel trenta per cento dei casi le vittime sono civili».
E altri due soldati Isaf sono morti ieri nell'Afghanistan orientale. In un comunicato serale l'Isaf ha reso noto a Kabul che il decesso dei due è stato causato dallo scoppio di un rudimentale ordigno.


Vincenzo Sinapi - L'Eco di Bergamo 01/03/2011