Sta nascendo il museo delle Penne nere. Avrà anche il diario del capitano Nino Calvi Stampa

Gli alpini bergamaschi festeggeranno il prossimo anno il 90° anniversario della loro sezione con la nascita del Museo del corpo alpino che già sta prendendo forma grazie ad importanti donazioni. Le famiglie Calegari-De Giuli, discendenti dei celebri Fratelli Calvi di Piazza Brembana, hanno deciso di regalare all'Ana alcuni oggetti appartenuti al capitano Nino Calvi. Tra questi una copia autografa del «diario». La relazione-diario che verrà esposta nel museo alpino è costituita da un quadernino dalla copertina nera, redatto con una calligrafia minuziosa, correlata da schemi, tabelle, disegni. Sul frontespizio il titolo «Come si conquistarono i grandi ghiacciai dell'Adamello» e le lettere N e C intrecciate tra loro..
 

I preparativi
Il capitolo dedicato al «periodo della preparazione» riporta un disegno a china del Rifugio Garibaldi con l'Adamello sullo sfondo, realizzato dal capitano e che verrà poi sostituito da una fotografia del rifugio. Tutte le immagini sono in effetti differenti da quelle che poi Nino sceglierà per la copia definitiva, mentre per altre aveva previsto l'inserimento indicando a margine del testo «spazio per foto 9x12».
 

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La conquista
Nelle trentanove pagine il capitano annota e ricostruisce, scrivendo in terza persona, ciò che accadde nel 1916: «Le operazioni svoltesi sui ghiacciai del Mandrone e della Lobbia nel gruppo Alpino dell'Adamello, furono precedute da un laborioso periodo di preparazione» iniziato alla fine di gennaio quando venne conferito «al capitano Nino Calvi il comando della compagnia di formazione Rifugio Garibaldi», costituita da circa 600 uomini. Nel piano per la conquista del ghiacciaio di Mandrone, compiuta nell'aprile del '16 a cui prende parte anche il fratello Attilio, Nino scrive che nel caso non riesca l'effetto sorpresa con i nemici «si attacchi a fondo senza incertezze, si avanzi con celerità non preoccupandosi delle perdite». L'attacco dopo due giorni portò allo sbaragliamento del nemico: «Noi ebbimo solo 9 morti e altrettanti feriti». La conquista del ghiacciaio della Lobbia fu più complicata: nella fase di attacco svolta nei giorni 28 e 29 aprile, Nino Calvi, riferendosi al fratello Attilio, si trova a registrare che «disgraziatamente il prode ufficiale cadeva mortalmente ferito e questo fatto portò qualche incertezza nell'attacco».
 

Gli ardimentosi alpini
Il capitano esprime dubbi su come l'operazione venne condotta dagli alti comandi. Per Calvi «resta memorabile nella storia militare il fatto che ardimentosi alpini, che, costituiti per la prima volta in grandi masse organiche di sciatori hanno affrontato l'incognita e l'incubo del ghiacciaio, hanno combattuto ad altezze inaudite, in condizioni climatologiche spaventose, e anche nelle regioni da prima percorse solo da rari coraggiosi alpinisti, hanno portato il fiore della vittoria».

 

L'Eco di Bergamo 19/02/2011