Il caporale Laura Billitteri è uno degli alpini impegnati nelle operazioni in Afghanistan con la brigata Julia. È nata 26 anni fa a Ponte San Pietro ma la sua famiglia vive in città. È partita ad ottobre con il 5° Reggimento alpini per il paese afghano. Da Shindand, a 150 km a sud della città di Herat, scrive della sua missione e in particolare di quelle giornate di festa tra Natale e Capodanno tanto diverse da come le avrebbe vissute in Italia. Le sue parole arrivano in Italia con un ritardo dovuto al vaglio dei superiori che per prassi deve subire qualsiasi scritto.
«I giorni delle festività per noi militari in missione sono giorni come altri. Se ci sono operazioni in corso, si esce lo stesso, come è capitato a me – scrive Laura Billitteri –. Durante il giorno della vigilia di Natale abbiamo preparato i mezzi ed i materiali per l'operazione "Empire" che si sarebbe svolta dal giorno di Natale fino ai primi giorni del nuovo anno. La sera abbiamo fatto il classico cenone natalizio tutti assieme qui a Shindand, seguito da un momento passato con i nostri comandanti per lo scambio degli auguri. Poi, tutti in tenda per finire di prepararci gli zaini per i giorni a venire».
Natale in missione
La mattina di Natale, il caporale termina con i compagni gli ultimi preparativi: «Nelle prime ore del pomeriggio abbiamo risalito la High Way 1 o Ring Road, la strada che da Shindand porta ad Herat e che poi continua in un grandissimo anello (ring in inglese, appunto) collegando tutte le principali città dell'Afghanistan. La nostra prima meta è stata Camp Stone, una base Isaf alle porte di Herat, dove ci siamo fermati per qualche giorno». Obiettivo della missione era supportare le Forze di sicurezza afgane nel distretto di Obeh, a circa 90 km a Nord Est di Herat, per il controllo del territorio e la ricerca di «insurgents», ribelli.
«Abbiamo passato a Camp Stone qualche giorno, indispensabile per coordinare le nostre procedure operative con i soldati ed i poliziotti afgani – continua Bellitteri –. Poi, il 29 dicembre, di mattina presto, è iniziata l'attività vera a propria. Ci siamo mossi con i nostri veicoli blindati Lince verso il distretto di Obeh e una volta arrivati ci siamo divisi. Con le Forze di sicurezza afgane abbiamo costituito una serie di check point in punti predefiniti, lasciando così agli afgani il compito di effettuare i controlli nei villaggi e nelle case alla ricerca degli Insurgents. Abbiamo trascorso 4 notti fuori dormendo (meglio, chiudendo gli occhi) sui mezzi e facendo turni di guardia per garantire la sicurezza del nostro dispositivo. Per 4 giorni abbiamo mangiato le nostre razioni K che, vi assicuro, dopo una giornata passata al freddo, sono meglio di una cena da Oliviero Marchesi. Se poi lo fai in compagnia di chi divide con te i momenti difficili, il tuo morale ne risente in positivo».
Capodanno con gli afghani
È il 31 dicembre, per tutti la fine dell'anno, per i militari una data qualsiasi. «Quel giorno – prosegue il caporale – è avvenuto un fatto che mi ha aperto il cuore. I soldati afgani con noi in attività, sapendo quale importanza aveva per noi e per la nostra cultura quel giorno, ci hanno portato riso, agnello bollito con un po' di pomodoro e patate, cipolla e verze. E così, a quasi 6.000 km dalla mia Bergamo, fra un piatto di riso afgano ed una battuta con i colleghi fatta stando sempre attenti ad eventuali minacce, abbiamo trascorso l'ultimo giorno dell'anno».
Un momento sereno, ma poi «abbiamo appreso anche noi che eravamo sul terreno della morte nella valle del Gulistan di un nostro commilitone alpino del 7° Reggimento alpini di Belluno. Ci siamo guardati tutti negli occhi, in silenzio. Quello che mi ha sconcertato ancora di più è stato il giorno: il 31 dicembre, quando ognuno a casa festeggia l'arrivo dell'anno nuovo. Una vera tragedia».
Ma non c'è tempo per lasciarsi prendere da pensieri tristi: «L'operazione è continuata secondo quanto era stato programmato, conducendo incontri (qui le chiamano Shure) con le autorità locali e continuando a supportare le attività delle Forze di sicurezza afgane. Cinque Insurgents sono stati catturati nel corso dell'operazione ed assicurati alla giustizia».
Il caporale Billitteri e i compagni sono rientrati a Shindand il 2 gennaio «dopo un viaggio non meno avventuroso, contenti per noi stessi, di essere ancora tutti sani e salvi, e felici di aver svolto nuovamente il nostro pericoloso compito per la sicurezza di questo Paese».
L. A. - L'Eco di Bergamo 19/02/2011
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