Ritirata di Russia ripercorsa a piedi da cinque amici Stampa

I 170 chilometri in 6 giorni diventeranno un film «Trovato il ricordo di un alpino di Azzone» Stasera il racconto all'oratorio di Sant'Anna

 

Un percorso lungo 170 chilometri, in mezzo a neve e ghiaccio. In terra russa, dove i nostri alpini hanno lasciato la vita a migliaia. Per ricordare e rendere onore a questi eroici soldati, un gruppo di bergamaschi ha ripercorso il tragitto della ritirata di Russia.
Il viaggio, terminato da pochi mesi, sarà presentato stasera, alle 20,45, nell'Aula Magna dell'oratorio di Sant'Anna. A raccontare l'esperienza sarà un gruppo di amici, capitanato da Cristiano Baroni, che lo scorso inverno ha ripercorso a piedi il tragitto affrontato nel lontano 1943 dai militari italiani che dalla Russia cercavano di rientrare in Italia costeggiando il Don. Una iniziativa molto coraggiosa di cinque amici che si sono messi così sulle tracce degli alpini in una delle pagine più dolore della storia, la «Ritirata di Russia», nell'anno del 150° anniversario dell'Unità d'Italia. In molti sono rimasti affascinati da questa avventura e per condividere con gli altri la propria esperienza hanno organizzato una serata informativa nel corso della quale saranno proiettate immagini e video ripresi lungo i 170 chilometri che hanno percorso nel giro di soli sei giorni.

 

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La base a Rossosch
«È nata così, quasi per caso – spiega Cristiano, 42 anni, agente di Polizia provinciale, alpino e scout –. Per sfida o per scherzo a settembre ho cominciato a raccogliere materiale a titolo informativo. Così, navigando su internet, ho conosciuto l'alpino Alessio Cabello, di Casatenovo, anche lui interessato a un'esperienza simile e in cerca di amici con cui condividere il viaggio. Ci siamo incontrati e abbiamo cominciato a buttar giù le basi, risolvendo i problemi burocratici e organizzando il programma dell'avventura». A loro si sono poi aggregati anche l'alpino Diego Pellacini di Concorezzo, gli scout Nicola Mandelli di Torre Boldone e Giancarlo Cotta Ramusino di Lodi. «A gennaio le condizioni erano ottimali per il viaggio – continua Cristiano –. Individuata nell'asilo costruito dagli alpini a Rossosch la sede logistica, siamo partiti il 18 gennaio, e ad attenderci a Mosca abbiamo conosciuto un regista russo intenzionato a seguire e filmare la nostra impresa».
Il film sarà peraltro presentato al prossimo Film festival di Trento, in programma dal 28 aprile all'8 maggio.
«Il 20 gennaio di buon'ora – racconta Cristiano – siamo stati accompagnati vicino al Don e da qui abbiamo cominciato a camminare lungo il tracciato studiato a lungo e nei dettagli sulle cartine militari recuperate in internet, anche se i panorami innevati rendevano difficile l'orientamento. Nel corso del nostro peregrinare ci siamo anche fermati a leggere alcune pagine tratte da alcuni libri e che ci sembravano adatte per l'occasione, come "Il sergente nella neve", o il libro di don Gnocchi, o ancora riflessioni incentrate sulla strada».
Dopo due giorni di marcia, sulla strada Tridentina, immerso nelle neve, il gruppo comincia ad avere qualche problema, superato grazie all'aiuto di persone del posto. «Alcuni cercano di cancellare il buon legame che si è instaurato tra i russi e gli italiani nel corso della ritirata, mentre noi, e altra gente incontrata lungo il cammino, avevamo come obiettivo quello di dare evidenza ai legami buoni nati dalla triste esperienza vissuta dagli Alpini nel 1943».

 

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Bufere di neve
Gli ultimi giorni di marcia sono stati caratterizzati da bufere di neve, ma niente che abbia impedito l'arrivo a Nikolajewka. Qui i cinque amici hanno ultimato le riprese con il regista russo e poi sono tornati a Rossosch. Hanno potuto vedere il cippo di commemorazione dei soldati italiani, una collezione di cimeli raccolti da un appassionato del posto, «e perfino una chiesetta molto suggestiva dove peraltro ci sono state mostrate scritte in italiano che in realtà abbiamo scoperto essere un necrologio di un alpino italiano: Giovanni Morelli, di Azzone di Scalve».
«Molti al rientro ci chiedevano di raccontare la nostra esperienza – conclude Cristiano – ecco perché abbiamo deciso di organizzare una serata, aperta a tutti, nel corso della quale mostreremo immagini e filmati».

 

Silvia Salvi - L'Eco di Bergamo 11/04/2011