Addio alpino Pietro. Anche colpito combatté sul Don Stampa

Gandino


Una vita dedicata alla famiglia e racchiuso nel cuore il ricordo indelebile dei terribili anni della seconda guerra mondiale.
Si è spento serenamente, nella sua casa di via Trieste a Gandino, Pietro Ongaro, 94 anni, che aveva partecipato alle campagne di Albania e Russia, in particolare alla tragica battaglia di Nikolajewka.

 

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Nato nel 1916 a Gandino, era stato chiamato a prestare il servizio militare nel maggio del 1938 e dopo l'addestramento fu nominato caporal maggiore della compagnia Comando 5° reggimento alpini divisione Tridentina. Combatté in prima linea sul fronte greco-albanese, dove nel corso di un'azione rimase ferito a Koritza. Nel 1978 raccontò l'episodio in una trasmissione del secondo canale della tivù ellenica. Fu poi inviato in Russia dove a partire dal dicembre 1942 iniziò la tragica ritirata dell'Armir. Eroica la battaglia del 1943 a Nikolajewka, dove gli alpini ruppero l'ultimo blocco sovietico riuscendo ad aprirsi la strada verso la salvezza.
Pietro Ongaro ricordava con commozione quei tristi eventi. I suoi lucidi ricordi erano stati raccolti anche da Giulio Bedeschi, nel celebre «Nikolajewka, c'ero anch'io». Quel 26 gennaio Ongaro guidava la sua squadra di 12 uomini «decisi a tutto». Attaccando un terrapieno presidiato dal nemico, fu investito da una raffica di proiettili che lo scaraventò in fondo a un pendio. Colpito da una pallottola al braccio e da altre due a una costola, fu medicato alla meglio in un'isba, prima di ributtarsi nella mischia. Nonostante l'età, il luglio scorso aveva partecipato alla cerimonia voluta dal Comune in coincidenza con l'Adunata di Bergamo, nel corso della quale aveva ricevuto una benemerenza. In parrocchia era legato alla Confraternita della Beata Vergine del Carmelo, di cui era il confratello più anziano.
Lascia i figli Maria, Margherita, Pierina, Luigi e Umberto con le famiglie. I funerali saranno domani alle 15 nella basilica di Gandino, partendo dall'abitazione di via Trieste.

 

Giambattista Gherardi - L'Eco di Bergamo -  29/03/2011