La storia - Dall'Afghanistan al «Trentatré» Taurinense sempre in prima linea Stampa

Dici Taurinense e pensi subito all'Afghanistan, a quegli alpini caduti nel maggio del 2010 a Herat. Pensi alla sua fanfara, la prima a sfilare a ogni adunata intonando quel trentantré che poi accompagnerà il corteo per il resto della giornata. Pensi alle caserme del Piemonte, di Cuneo, Saluzzo, Mondovì e naturalmente Torino. Pensi a tutto questo e a molto altro ancora, perché la storia della celebre brigata alpina è di quelle lunghe (venne fondata nel 1923) e costellate di episodi noti, ma difficilmente accosti il suo nome a Bergamo. O almeno non lo fai d'istinto come capita invece con il Quinto, con quella naja che ti portava tra le montagne delle Dolomiti, a Bolzano, Merano, Silandro.
Tutto vero? Sì e no. Perché la legge dei grandi numeri vale anche qui nella patria alpina del Piemonte dove tra le migliaia e migliaia di reclute sfornate di anno in anno, una piccola percentuale porta comunque il marchio di fabbrica orobico. Di bergamaschi, insomma, ne sono passati pure nella Taurinense.
Tra questi Carlo Macalli – classe 1951, vicepresidente sezionale fino al 2010 – che a Torino è arrivato con la consapevolezza di ritrovare un pezzettino del suo passato. Scuola ufficiali ad Aosta nel 1972, servizio militare a Cuneo, richiamato nel 1978 col battaglione Susa e poi anche nel 1989 col battaglione Saluzzo. Sempre e comunque sotto il grande cappello della Taurinense.
«Cosa vuol dire essere di questa brigata alpina? Credo che il senso di appartenenza sia sempre lo stesso – spiega Macalli – la divisione conta e non conta. Certo quando sento parlare dei nostri militari all'estero, degli alpini della Taurinense in Afghanistan dove sono stati nel primo semestre dello scorso anno, mi si riempie il cuore d'orgoglio, perché mi rendo conto di come questi soldati siano persone normali, lontanissime dagli stereotipi e dai luoghi comuni con cui vengono a volte dipinti, in grado però di affrontare situazioni difficili e complicate grazie all'addestramento e a una spiccata professionalità».

 

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Anche lui, almeno in piccola parte, vi ha contribuito. «Come ufficiale – ricorda l'ex vice presidente sezionale – il mio compito era proprio quello di occuparmi delle reclute. Un anno intenso, ricco di ricordi molto belli soprattutto sul piano umano. Un esempio? Sergio Gabatorta, un collega talmente cordiale e gentile che, nei giorni in cui prendevo servizio di notte, puntava la sveglia per essere sicuro che mi alzassi vista la mia attitudine a tirare un po' tardi la sera. Un piccolo gesto che dice però tantissimo sulle amicizie nate in quel periodo. Al punto che un altro compagno di naja è diventato, un paio d'anni più tardi, il mio testimone di nozze». L'adunata di Torino è stata l'occasione per incontrarlo nuovamente, ma anche per visitare tutti quei luoghi a cui Carlo Macalli è inevitabilmente legato.
«Durante il servizio obbligatorio, ma anche nel 1978 e nel 1989 – conclude – ho girato parecchio: Cuneo, Susa, Mondovì, ma anche Auxl e Borgo San Dalmazio. A Torino ho comunque trascorso diverso tempo, soprattutto durante i corsi di aggiornamento legati ai richiami. Questa per me è aria di casa». Aria di Taurinense.

 

Emanuele Falchetti - L'Eco di Bergamo 08/05/2011