La croce sul Canto Alto |
La ricostruzione della grande Croce sulla cima del Canto Alto è stata sicuramente una delle opere più significative che gli Alpini hanno realizzato negli anni ’70. Le condizioni di lavoro sono state realmente difficili. Per la realizzazione della cappella-basamento e della croce si sono dovuti impiegare mezzi inconsueti, come l’elicottero e una gran quantità di materiali vari.Un’opera questa che ha richiesto lo sforzo concorde degli Alpini, soprattutto quelli dei Gruppi dei paesi tutt’attorno al Canto Alto e delle popolazioni stesse, che hanno seguito con simpatia e che hanno aiutato le “penne nere” nella loro fatica. Numerosi sono stati gli Alpini volontari ed anche gli Amici degli Alpini e le imprese che gratuitamente hanno fornito attrezzature e mezzi ed hanno operato nei lavori più consistenti di demolizione, scavo e getto; numerose sono state anche le ditte e i fornitori che hanno offerto i materiali di costruzione. Stralciamo del resoconto finale predisposto dal geometra addetto ai lavori per conto dell’A.N.A. (un tal Raoul Chiesa…) un po’ di nomi e di numeri: alla realizzazione hanno lavorato alpini dei gruppi di Azzonica, Sorisole, Ponteranica, Villa D’Almè, Valbrembo, Almenno S. Salvatore, Paladina, Almè, Ranica, Torre Boldone, Bergamo, Zogno, Alzano Lombardo, Azzano S. Paolo, Vertova. Più di 500 Alpini e simpatizzanti hanno lavorato gratuitamente a 1.146 metri di altitudine col bello e col cattivo tempo, dopo una o due ore di cammino (a seconda della vallata da cui provenivano), con l’umiltà e la passione che contraddistinguono la nostra gente, per un totale di 800 giornate lavorative, sotto l’occhio vigile del capo cantiere alpino Renato Milesi. I materiali sono stati portati in vetta a spalla, parte con un tratto di teleferica di 217 m. e parte con tre tornate di voli d’elicottero. Si è trattato di “portar su” 126 quintali di cemento, 20 metri cubi di calcestruzzo già impastato, 38 quintali di ferro lavorato per armatura, 50 quintali di barre di ferro zincato per la Croce, che è alta 32,5 metri con le braccia di 12 metri. Poi ancora 3 quintali di cavi e massetti per impianti di messa a terra per protezione fulmini con una trentina di picchetti, 4 quintali di catrame, 2 metri cubi di sabbia di fiume, 5 quintali di barriere di ferro, 10 metri cubi di legname per armatura, 70 metri quadrati di piastrelle, 150 litri di benzina e 4 quintali di gasolio. Un discorso a parte merita il vino, 200 litri ad uso “ospiti” perché ognuno la sua “razione” se lo portava nello zaino. Ancora sono stati portati in vetta emblemi A.N.A. e Sacri per bassorilievi, una betoniera, 2 generatori di corrente elettrica, un frantoio con relativo motore, un verricello, un compressore e tanti altri attrezzi di ogni genere. Per tutto il tempo dei lavori quattro radioamatori (AQUILA GRIGIA, VISCO 2, CIARLI 2000, FALCO) hanno tenuto un costante collegamento radio con l’abitazione del capo cantiere e fra gli addetti ai lavori a tutti i livelli. In vetta, con la teleferica installata, sono stati portati 15.000 litri d’acqua; con il frantoio sono stati triturati 70 metri cubi di pietre ricavate da 198 metri cubi di scavo effettuato nella viva roccia mediante martelli pneumatici e con 219 colpi di mina preparati da gente esperta. Il basamento della croce è stato gettato dopo aver scavato nella viva roccia un buco che misura 5 metri per 5, profondo 2,30 metri. Sono stati portati in vetta anche 40 metri cubi di terra per rifare il tappeto erboso preesistente ai lavori. Correvan voci che si lavorava anche di sera tardi e talvolta la notte. Nel bosco si udivano dei passi pesanti di uomini carichi di materiali e attrezzi da predisporre per chi avrebbe lavorato il giorno dopo. Quest’altra opera resterà per tutti noi Alpini la testimonianza che siamo gente concreta e generosa, animata dal desiderio di portare con le nostre semplici mani calore, solidarietà e tanto bene a chi ne ha bisogno, insomma …. il nostro amore di Alpini. NOTIZIE STORICHE L’impresa della ricostruzione è stata “storica” per vari motivi, non ultimo il fatto che durante i lavori sono state trovate le tracce dell’antica torre che vi venne innalzata in epoca medioevale. Si tratta di una coincidenza non molto sorprendente, considerato il lungo passato della nostra terra, ma che sottolinea l’importanza del luogo dove è stata costruita la croce che gli Alpini hanno dedicato a tutti i caduti della montagna. Sul culmine del Canto Alto, che un tempo veniva chiamato Pizzidente, in origine venne forse innalzata una torre in legno che serviva per l’avvistamento e il controllo dei colli retrostanti Bergamo fino alla valle Brembana. Un’accurata sorveglianza poteva, mediante opportune segnalazioni e in collegamento con un’altra torre situata sull’Ubione, all’imbocco della valle Imagna, mettere in guardia gli abitanti di Bergamo e dei paesi vicini nei confronti di eventuali movimenti sospetti. Antichi documenti confermano che all’epoca di Bernabò Visconti sul Canto Alto esisteva una torre, presidiata da dodici uomini e un cane. Il fatto che sulla vetta non si individuasse nessuna traccia dell’antica costruzione, poneva dubbi sulle dimensioni e sul materiale impiegato per innalzarla (forse legno). Tuttavia Bortolo Belotti, nel suo libro su Zogno, riferisce che nel 1902, allorchè iniziarono i lavori per la prima croce sul Canto Alto, vennero trovati e demoliti, avanzi in muratura attribuiti all’antica torre. Quando gli Alpini iniziarono a scavare le fondamenta per la cappella-basamento, i loro picconi portarono alla luce, appena sotto la superficie, dei resti di muro che appartenevano sicuramente alla base di quella prima croce, poi distrutta dai fulmini e dalle intemperie e ricostruita per ben due volte, sempre utilizzando le vecchie fondazioni. Rimosso lo strato di materiale relativo al precedente monumento, gli Alpini scoprirono che quelle fondamenta avevano inglobato altre strutture, che apparivano del tutto diverse. Diverse soprattutto per composizione, essendo stati trovati resti di muro composto da sassi legati con calce; più sotto ancora un muro di mattoni, di grossolana fattura, pure legati con calce. Apparve evidente che, procedendo dalla superficie verso il basso, lo strato superiore era più recente rispetto al resto. Quello più basso anche per l’impiego della calce, era il più antico. Allargando lo scavo fino a scoprire la superficie della cappella-rifugio, vennero individuate altre tracce della costruzione medioevale. Non sempre evidenti, ma ricostruibili per la presenza nel territorio di frammenti di calce e di sassi rozzamente squadrati. Il loro andamento rivela una struttura molto più complessa di quella di una semplice torre. Sul Canto Alto venne un tempo innalzato un edificio con più vani, in grado di ospitare un presidio per un periodo prolungato. La conferma è venuta dalla scoperta di una particolare struttura nel muro più antico da cui si desume l’esistenza di una cisterna per l’acqua. Si tratta di una “manichetta”, con l’interno accuratamente rivestito di calce, che aveva lo scopo di convogliare l’acqua piovana nel serbatoio sotterraneo. Gli antichi costruttori, usarono i mattoni per costruire questa cisterna, alla quale, data la sua importanza per il soggiorno del presidio, venne riservata una cura particolare. Compresa la fatica di portare sin lassù il pesante carico di mattoni, nell’eseguire l’opera gli Alpini crearono così delle finestre nella muratura in modo che le vecchie strutture fossero in vista. Sul pavimento del rifugio con mattoni normali venne riportato l’andamento dei muri, così come erano stati individuati e rilevati nel terreno. La “lettura” dei resti termina alle estremità del rifugio-cappella, ma è stato possibile accertare che i muri proseguono anche oltre il perimetro dello scavo
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